La Befana 2018
24° edizione
5 gennaio 2018
Vincitrice LA LEGGENDA DELLA BEFANA |
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I Re Magi e i lor cammelli, si eran persi nel cammino, sulla strada di Betlemme, per cercar Gesù Bambino. Disse allora Baldassarre, ormai stanco e senza fiato; "Chiederemo a qualcheduno che ci guidi dal neonato!" Vide Gaspare una vecchia con la veste tutta rotta e le chiese quale fosse il percorso per la grotta. Rit. Quella vecchia così strana fu da allora la Befana "Noi portiamo al Redentore mirra, incenso e pure oro", la invitò poi il buon Melchiorre ad unirsi insieme a loro. La donnina gli rispose: "Non ho tempo da sprecare!" entrò in casa frettolosa e si mise lì a filare. Prillò il fuso pensierosa, le pesava la coscienza: empì un sacco di dolciumi e veloce fe’ partenza. Rit. Quella vecchia così strana fu da allora la Befana Con il viso pien di pianto nella notte tenebrosa di trovare il bambinello, corse in fretta, fiduciosa. Cercò intorno disperata, sopra il monte, giù nel piano, di Gesù nessuna traccia, si diresse più lontano. E da allora gira il mondo, col suo sacco pien di doni regalando a tutti i bimbi, perché il cielo la perdoni. Rit. Quella vecchia così strana fu da allora la Befana |
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di Pietro Paolo Pighini e Maria Enrichetta Cavani
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Menzioni di merito: "perché il tema trattato, di pregevole poetica evocativa , è aderente a molte tristi realtà contemporanee" UNA STELLA D’INVERNO C’è una stella d’inverno stasera nel cielo e la befana, al lume di una falce di luna, scende dal camino per portare un po’ di sollievo nelle case dove si sono posate le ombre dove la vita è diventata una farsa infinita. Porta un trenino e caramelle a Lorenzo che ha ricci scomposti il corpo gracile di un tenero cucciolo è orfano e consegna desideri allo specchio ad un inverno lieve di neve consegna cioccolata ed una Barbie a Marina che corre scalza su ciottoli aguzzi va a mangiare alla mensa dei poveri la crisi ha distrutto suo padre che ora ha occhi di fuoco quando beve al bar del paese e odore di terra bruciata nel cuore porta dolciumi e soldatini ad Antonio la fabbrica ha chiuso e sua madre piange ogni sera cercando una collina di vento una primavera di narcisi e di viole. E di camino in camino la befana consegna i suoi doni ai bimbi bisognosi d’aiuto nelle case dove c’è la mancanza e l’assenza dove si cerca una fioritura di vento la bellezza svanita di giorni lontani e di notte una lacrima scende nei suoi occhi ormai stanchi una lacrima per questo mondo che ha solo confini di buio ed il vuoto portato di sbieco alle spalle. |
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Di Tiziana Monari
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"per l’efficacia dialettale nel tracciare belle immagini che accomunano le regioni d’Italia nella tradizione della Befana" ’A BEFANA
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’A sira priestu è arrivata: fridda e sula è ogni rasa. Allu scuru ’e chista casa, l’alberu rune n’allurrata, ’ntra ’ssu viernu cussì funnu, chi me chjame d’atri juorni. Supa ’u tavulu è restatu nu piattu ccu’ turdilli e lli suonni sutt’i stilli, chi ttutt’oje haju penzatu e lla notte su’ partuti ’ntra nu fogliu ’e quarta, chiusi. Allu lazzu ch’è tiratu, tra rui chiuovi, allu focune, ’ntra quazetta, ’e ru spicune, ’a littarella haju ammucciatu, c’a vecchiarella pue s’a piglia, quannu cchiu nessunu viglia. Mentre fore chjove forte e allampe ru’ vallune, ’ntre cuverte, all’ammucciune, piensu allu saccu ch’illa porte, sutt’a trupija, caminannu, ppe’ arrivare puru ’st’annu. Dintra ’a notte, alla scampata, ’u core aspette e l’uocchi un puonnu: priestu è arrivatu ’u suonnu. ’A matina, alla risbigliata, janche era ogni vija, ma nun s’era scordata ’e mijo. Viernu era arrivatu ancora, n’atru nuovu annu ’e scola, quannu, senza ’na parola, m’ha parratu dintr’u core: "Mo’ è tiempu chi ’e jire", senza ch’ijo stava a capire. Nive tanta n’è caruta, dietru ’u tiempu ormai chiusu, ma ogni annu, cum’è d’usu, porte rrobba alla venuta: i ricuordi ’ntru casciune e lli suonni alli guagliuni.
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La sera presto è arrivata: freddo e in solitudine è ogni angolo. Nell’oscurità di questa casa, l’albero dà un’illuminata, in quest’inverno così profondo, che mi chiama d’altri giorni. Sopra il tavolo è rimasto un piatto con "turdilli" e i sogni sotto le stelle, che tutt’oggi ho pensato e la notte sono partiti dentro un foglio di quarta, chiusi. Al laccio che è tirato tra due chiodi, al focolare, nella calza, messa all’estremità, la letterina ho nascosto, che la vecchietta poi se la piglia, quando più nessuno veglia. Mentre fuori piove forte e lampeggia dal vallone, nelle coperte, di nascosto, penso al sacco che lei porta, sotto il temporale, camminando, per arrivare anche quest’anno. Nella notte, allo smettere della pioggia, il cuore aspetta e gli occhi non possono: presto è arrivato il sonno. La mattina, al risveglio, bianca era ogni via, ma non si era dimenticata di me. Inverno era arrivato ancora, un altro nuovo anno di scuola, quando, senza una parola, mi ha parlato dentro il cuore: "Adesso è tempo che devo andare", senza che io stessi a capire. Neve tanta ne è caduta, dentro il tempo ormai passato, ma ogni anno, com’è usanza, porta roba al suo arrivo: i ricordi nel cassettone ed i sogni ai bambini. |
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Di Giuseppe Salvatore
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